Scritto nell'aria

Sono uno che, manco a dirlo, quando trova una cosa che lo diverte poi ci prende gusto. Poi a volte capita di avere tempo per scrivere. Quindi... che folletto sia! (se la vostra domanda è: "folletto?! Quale folletto?" La risposta è qui: parole al vento)

Villaggio Nebbia

Dovete sapere che una delle caratteristiche più sorprendenti del pacifico popolo dei folletti è che essi non scrivono e quindi che non hanno una tradizione scritta. Alla base della loro cultura non ci sono poemi epici a raccontare del prode folletto che sconfisse un grifone o del forzuto che ricacciò i goblin da dove erano venuti.

Ai folletti non servono poemi o biblioteche, perché sono dotati di una memoria fuori dal comune: i libri sono stati aboliti. Nella loro piccola comunità ognuno ricorda tutto quello che gli serve per eseguire al meglio il proprio compito. E anche un po' di più, ma poco, giusto l'essenziale. I maestri insegnano e i giovani folletti imparano al primo ascolto tutto ciò di cui avranno bisogno. Nel commercio invece si è instaurato un sistema basato sulla reciproca fiducia, perché nessuno dimentica un pagherò. [1]

Le uniche cose che hanno ritenuto degne di essere scritte - e infatti le incisero su pietra - sono le gesta del più saggio dei folletti, di colui che mise ordine. Per altro ciò fu fatto per un motivo ormai dimenticato e che, devo confessarvi, è tutta un'altra storia. [2] Ormai, gli unici a ricordare come si scrive sono gli appartenenti alla famiglia degli scalpellini, coloro che scolpirono la tavola dell'ordine e che hanno il compito di tenere le parole sempre liscie e ordinate.

E gli altri? Beh, loro semplicemente dimenticano ciò che non va ricordato. Il nostro amico per esempio si sentiva un vero maestro in questo; diceva, con grande orgoglio, di essere in grado di dimenticare tutto e di farlo meglio della Prima Mamma. [3] Si vantava di saper dimenticare qualsiasi cosa, ed era vero. Per lui erano davvero poche le cose che valesse la pena ricordare, preferiva lasciarle andare nel vento.

A volte però, dopo uno dei suoi lunghi pisol... ehm pardon, dopo una delle sue lunghe sessioni di creazione di nuvole, si svegliava con una strana sensazione addosso. Non era la solita voglia di volare, né le solite parole con voglia di uscire e perdersi nel vento. Era come se nel sonno fosse stato qualcun altro: un eroe epico, una gru, un sasso.

Si svegliava tutto entusiasta e raccontava le sue avventure a tutti, ma prima che fosse sera la maggior parte dei dettagli li aveva già dimenticati. Le provò tutte per ricordarle, ma con una precisione che avrebbe fatto invidia anche al migliore arciere dei folletti alti - o elfi (come amano farsi chiamare) - lui e i suoi ascoltatori, dimenticavano tutto.

La cosa non gli dava pace! Non era possibile che quelle che a lui sembravano storie così belle dovessere andare perse per colpa della proverbiale efficienza dei folletti nel dimenticare il dimenticabile. Ci doveva essere una soluzione. Da qualche parte c'era, di sicuro.

Un giorno fu svegliato dai rumori del mondo - già questa era una novità - tese l'orecchio e dalla valle arrivarono un gran vociare, impazienti nitriti e una serie di fastidiosissimi cigolii da legno. Rotolò fuori dall'ombra del suo albero preferito, aprì un occhio e guardò ai piedi della collina. Doveva per forza aprire anche l'altro occhio. Giù, nella valle, stava arrivando una lunga fila di immensi carri [4], alcuni trainati da pesanti cavalli da tiro, altri da imponenti cervi dal manto di bronzo. Tutto intorno era un gran vociare e gioia incontenibile dei piccoli folletti: erano arrivati i giochi dal mondo di fuori!

Non era proprio un grande appassionato né di mercati né di confusione generata da altri (ovviamente), ma adorava scoprire cose nuove ed aveva una passione per gli oggetti del mondo di fuori. Si avvicinò. C'erano sempre le solite cose. Niente di che. Tra gli ultimi, quando ormai la noia stava per attirarlo verso nuove nuvole, scorse un carro che non aveva mai visto. Era uno dei più grandi ed era trainato da due cervi veramente enormi, più grandi di qualsiasi cavallo. Li conduceva uno strano tipo: portava un vestito costoso ma la sua pelle rugosa era bruciata dal sole; le sue orecchie leggermente a punta sembravano tutte mangiucchiate e sul naso spropositato portava due occhialini tondi che sembravano voler cadere da un momento all'altro. "Il tipico tipo strano" pensò il folletto.

Il carro, che da vicino sembrava non finire mai, era tutto in legno finemente decorato, con elementi artistici di ogni popolo conosciuto. Ma non erano solo segni messi a caso, anche lui che non era esperto capiva si trattasse di un lavoro incredibile. Ma nessuna di quelle belle e variegate decorazioni sembrava arte di folletti. Strano.

Ehi tu, vecchio troll

...

Dico a te, che guidi il carro

Ma parli con me?

Quanti altri troll vedi guidare un carro?

Ma io non sono un troll. Sono un tran [5]

Un che?! Senti non mi importa. Perché sul fianco del carro non c'è niente nella lingua dei folletti?

L'altro lo guardò di sbieco, con fare truce, ma quando si rese conto che tanto non ci avrebbe cavato un folletto dal tronco fece un lungo sospiro rassegnato...

Perché qui non c'ero mai stato. Tanto da quelli come me non volete mai niente...

Perché, che vendi?

Libri, cartoleria varia

Che?!

Mai sentito parlare di libri? Pergamene? Carta?!

...

Niente proprio?!

Cosa sono?!

I libri e le pergamene sono fatte di carta. E sulla carta ci si può scrivere quello che si vuole...

Tipo i sogni?! Lo interruppe comme se avesse avuto una rivelazione

Se ti piace

Bello

Già - disse il tran con tono rassegnato

E come ci scrivo su questa cosa che chiami carta

Con un pennino no?!

E come è fatto? Mi insegni...

Negli occhi del mercante si accese una luce.

Certo. Fammi trovare posto per il carro e ti mostro. Potresti essere il primo della tua gente... sono fiero di te

Beh, grazie?! - disse con tono dubbioso

Poco più in là il mercante fermò il carro, lasciò i due grandi cervi liberi di pascolare e aprì tutto quello che poteva essere aperto.

Vieni. Ti faccio vedere.

Si avvicinò e allungò il collo per sbirciare dentro: che spettacolo! Quasi tutta la carrozza era occupata da scaffali pieni di cose colorate che non aveva mai visto, al centro penzolava una amaca di liane e incassato in una libreria un piccolo tavolino... Sembrava un buon posto per produrre nuvole.

Wow - disse il folletto - sono tutti... libri?!

Tutti

Bello! Mi insegni a mettere i sogni in un libro?

Certo, ti insegnerò a scrivere

Iniziamo?!

Furono giorni lunghi, lunghissimi; fortuna che i folletti, quello che vogliono, lo imparano in fretta. Alla fine il mercante se ne ripartì, ma il folletto nemmeno andò a salutarlo. Era stato su tutta la notte per scrivere, e quando si era avvicinato al carro aveva sentito il mercante russare forte e non lo aveva voluto disturbare. La mattina, mentre stava per ripartire questi fece il suo solito controllo. Fissò il fianco del carro e subito fu preso da un sorriso. Su un lato c'era scritto in una bella grafia insicura.

"Torna presto signor tran. Ippopotamo."

"Che sciocco - pensò il viaggiatore - non ci siamo nemmeno presentati"

Da quel giorno la valle ebbe il suo primo vero scrittore, uno che amava scrivere strane storie piene di parole messe a caso e che spesso si ritrovava perso tra le nuvole. Non solo metaforicamente.


[1] i più vecchi ricordano ancora di quella volta che un commerciante imbroglione, sfruttando il sistema per cui il pagherò andava ricordato solo dal commerciante, iniziò a gonfiare tutti i conti e a chiedere più volte lo stesso pagamento. Ma anche questa è un'altra storia. Fu messa in ordine.

[2] Le gesta del grande saggio sono raccontate nel più importante ciclo di storie trasmesse di nonno in nipote. I folletti chiamano questi racconti i "piripon", che nella lingua antica equivale circa a "le storie da lì a qui" ovvero il viaggio per passare dal disordine di ieri all'ordine di oggi.

[3] la Prima Mamma è colei che la leggenda vuole portò i folletti nella valle. Fu mamma e nonna per ogni buon folletto. Si dice anche che lei sapesse da dove venivano veramente i folletti ma che poi, per qualche ragione, lo avesse dimenticato. Ora nella valle si usa dire "smemorato come la Prima Mamma" di qualcuno che contro ogni buona norma riesce a dimenticare una cosa importante.

[4] fonti non ufficiali riportano che un folletto medio è alto circa 30 ugs (unità ghianda standard). Pari a 50 dei nostri cm. Quindi capite bene che qualsiasi altra cosa del mondo sia considerata immensa per un folletto.

[5] tran = mezzo troll mezzo un sacco di roba.


Foto profilo
Marco Rosciani

Il fisico, l'originale. Insegnante (ci provo), studente (sempre); distratto e al 100% decaffeinato.


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