Parole al vento
Quando si inizia a scrivere racconti è un attimo prenderci la mano e ritrovarsi con le parole che volano da tutte le parti. Questo secondo esperimento "letterario" ha ancora come protagonista il folletto, e un pezzo del proprio mondo.
Nella terra dei folletti tutto è ordinato e preciso. Ogni sentimento ha la propria definizione e ad ogni oggetto spetta un posto e un nome. Non ci si può sbagliare: A è A, B è B. In questa terra, stretta tra lo smeraldo delle colline e il blu del cielo, gesti e parole non vengono mai fraintesi: tutto è preciso ed ordinato. Tutto.
Tutti conoscono la leggenda. Tanto tanto tempo fa, il più saggio di tutti i folletti - uno che molto aveva girato e tanti aveva conosciuto - preoccupato per il caos che si era accumulato sulle verdi colline, decise che era il momento di fare ordine. Iniziò a riporre e inventariare, inventariava e riponeva. Descrivendo e registrando, tutto, anche le sue azioni, dette nome ad ogni cosa e importanza ad ogni gesto. La sua frenesia era tale che su tutta la terrà si alzo un grosso polverone. Alla fine, quando la nuvola di polvere si diradò, non c’era più nemmeno un filo d’erba fuori posto.
I folletti, commossi nel vedere la propria terra più bella che mai, decisero di non mettere più in discussione l’ordine che il loro saggio gli aveva donato. Da quel momento tutto ebbe il proprio posto e nessuno osò mettere scompiglio. Anche le parole dovevano essere tenute in ordine! I folletti iniziarono a parlare con sintassi perfetta e stabilirono delle buone maniere. Ci si sarebbe salutati con un sorriso e le giuste parole di cortesia: né troppe, né troppe poche. La scortesia di un discorso lasciato a metà fu abolita. Ogni vocabolo avrebbe preso uno ed un solo significato. Così si decise e così è tutt’ora. Ma si sa, certe cose non sono destinate a durare…
Il nostro folletto, dopo aver scoperto che la sua valigia poteva contenere meraviglie, tanto grandi da poterlo portare fin sopra le nuvole, si convinse che le cose potevano essere usate diversamente da quanto stabilito dal grande saggio. Un elefante poteva essere un birillo, una caramella una astronave e un palloncino tutto un mondo intero. Allora vide che le parole cominciavano a saltargli fuori di bocca senza controllo, assumendo, ogni volta, un nuovo significato. Iniziò a chiedersi chi aveva deciso i nomi… Perché non poteva chiamare pesce un gabbiano e condor uno sgabello!? Beh, la risposta la sapeva, come tutti i folletti.
La questione iniziava a stargli stretta. Invece di pensare troppo, decise che era meglio farsi un pisolino. Al suo risveglio, guardando il cielo, si rese conto che il cielo non era fatto di sole nuvole. C’era anche il vento, che le spostava, le rimodellava e dava loro una nuova vita. Capì! Le parole che aveva sempre usato in un modo solo erano come le nuvole. Qualcuno le aveva create, ma senza vento a trasportarle e trasformarle non ci sarebbe mai stata tutta quella fantasticheria. Iniziò a tirare parole al vento, urlava perché le portasse via con sé. Urlò e cantò, fino a rimanere senza fiato. Fino ad essere preso da una gioia incontenibile, doveva raccontarlo a tutti: le parole potevano essere libere, senza senso, e perdersi nel vento.
Iniziò a correre per le colline - cosa che sconvolse non poco chi lo conosceva - e quando incrociava un folletto lo salutava con degli strani “ippopotamo a te”, “felice panino”, “bibidibobidi” scatenando un certo scompiglio. C’era anche chi, non capendo, lo ignorava e dopo un facile “buongiorno”, cercava di instaurare la classica conversazione. Ma niente, lui scappava lanciando parole al vento - “alla menta” - e, come era arrivato, se ne andava. Aveva altro da fare, doveva spargere parole al vento.
Lo guardavano e non riuscivano a capire il perché di tanto disordine e di tante parole sprecate. Qualcuno, più coraggioso, gli chiese chiarimenti. Ma lui, mentre spiccava il volo con il suo solito palloncino, disse solo: “Cioccolato. E’ divertente. Caramello! Se non ci possiamo giocare, che senso ha conoscere tutte le parole del mondo?”. Quel curioso, divertito, rispose: “Ippopotamo?”. Si guardarono, per un attimo, e scoppiarono a ridere di gusto.
Oggi la terra dei folletti è ancora in ordine... a parte per un sacco di parole che continuano a vagare nel vento alla ricerca del proprio senso perduto.