laboratorio

Parole da laboratorio

(Parole da laboratorio è menzione speciale al 50° carnevale della fisica )

Wowowooo gente! Rullo di trombe … Squillo di tamburi … Ci siamo!

Finalmente sui vostri schermi una nuova pagina di fisica tra le nuvole!

E… Azioneeee!

Qualche giorno fa vi ho fatto vedere il laboratorio dove sto studiando e sviluppando il mio progetto di tesi. So che siete attenti e sicuramente avrete notato che è una normalissima stanza… Eeeeh già… Triste, ma è la dura realtà! Se magicamente veniste catapultati in due laboratori, tipo questo, dove strumenti e oggetto di ricerca non sono in vista come fareste a distinguerli? Mi spiace, non c’è modo!

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Nessuna possibilità! A meno che… A meno che non ne conosciate la lingua. Ogni laboratorio, compreso quello dove sto io, ha i suoi vocaboli distintivi perché ogni progetto fa riferimento ad uno specifico bagaglio di conoscenze. Per cui…

Vocabolario time: ABC dell’elettronica. Come saprete, la mia tesi è consistita nello sviluppo di apparecchiature da montare su drone per fare misure chimico-fisiche in atmosfera: una immersione completa nel magico mondo dell’elettronica.

Iniziamo dall’attore principale di ogni processo elettronico: l’elettrone. Particella elementare, indivisibile e portatrice di una proprietà fondamentale: la carica elettrica. Per visualizzare la carica elettrica potete fare un esperimento semplice semplice: strofinate un palloncino su un maglione di lana. Lo strofinio arricchirà, caricherà, il palloncino di cariche negative facendogli acquisire la sempre sorprendente capacità di attrarre piccoli pezzetti di carta o i vostri capelli. Wow! Power! Questa capacità di attrarre carta o capelli è dovuta alle cariche, ovvero agli elettroni. Gli stessi elettroni danno l’unità fondamentale della carica elettrica (-e) e dell’opposta carica fondamentale positiva (+e). Cariche con lo stesso segno si respingono mentre cariche uguali si attraggono; due cariche di segno opposto nello stesso luogo si annullano. Ci siete?! Siete con me? (per approfondire: Oilproject1 Oilproject2 )

Ora, abbiamo le cariche, che ci facciamo!? Beh, se le teniamo lì dove sono davvero poco, magari potremmo provare a metterle in movimento…

Ottima idea! Cariche in moto producono una corrente elettrica: “quantità di carica elettrica che attraversa una determinata superficie nell’unità di tempo”. Si possono avere sia moti di cariche negative che di cariche positive. La corrente più comune è quella che avviene in particolari materiali che permettono il moto degli elettroni (conduttori), ma anche i fulmini sono particolari correnti di cariche. Occhio qui! Il prossimo passaggio richiede un po’ di fantasia. Un punto di un conduttore, in condizioni normali, ha carica nulla, ma se viene portato via un elettrone con lui se ne va una carica negativa che lascia un buco (lacuna) di carica positiva. Quindi, se gli elettroni si muovono in un verso, possiamo immaginare che ci sia una corrente con lo stesso numero di cariche positive che viaggia nel verso opposto. Una cosa tipo…

corrente (1) (fonte: Wikipedia)

Da cui si può notare anche quanto i fisici possano essere burloni! Se a muoversi (davvero) sono le cariche negative perché prendere la direzione convenzionale della corrente (frecciona rossa) uguale a quella delle lacune!? Bah… Misteri della fisica.

Bene… Se siete arrivati fino qui di strada ne abbiamo già fatta parecchia, perché fermarsi?! Dai, dai, dai… Sapete cosa ci starebbe!? No, niente pisolino. No, nemmeno una pizza. E no, niente passeggiata al parco. Quello che ci vuole è la domanda giusta, una tipo: come fanno a muoversi la cariche? Esatto! Questa è la domanda giusta!

deskflip

Per favore recuperate il tavolo così possiamo continuare! Dicevamo… Moto delle cariche: tutto avviene grazie a quella che si chiama differenza di potenziale elettrico (ddp o tensione). Si può pensare alla ddp come a quanta energia serve per spostare le cariche in un circuito, senza le cariche non avrebbero possibilità di muoversi.

La ddp è prodotta e mantenuta da un generatore di tensione che si occupa di tenere le cariche di segno opposto separate… E se da qualche parte c’è un surplus di carica la specie opposta non può resistere e si mette in moto per raggiungerla: correnteee!

Lo so, a questo punto potrei aver perso la maggior parte di voi, ma siamo quasi alla fine e cominciamo a tornare al mondo reale, finalmente. Prendiamo un dispositivo elettronico, tipo Ardy, può funzionare in due modi:

collegandolo ad una batteria, ovvero ad un dispositivo che sfruttando processi chimico/fisici mantiene la differenza di potenziale richiesta; prendendo la differenza di potenziale dalla rete di casa. Calmi però, in questo caso il tutto è un pochino più complicato. La differenza di tensione che serve deve essere indotta sfruttando la corrente che ci arriva dalla rete; purtroppo questa corrente non è lineare, “continua” (CC), come la vorremmo, ma è “alternata” (CA), ovvero si presenta come un’onda e per poterla utilizzare ci serve un alimentatore che la “raddrizzi” rendendola continua. Un attimo però, non stavamo parlando di tensione e differenza di potenziale? Perché ora parliamo di corrente?! Beh, semplicemente stiamo sfruttando una relazione fondamentale per l’elettronica:

ohm (1)

Vi presento la legge di Ohm! Tradotta in linguaggio umano equivale a: la tensione (V) = uno sconosciuto (R) moltiplicato la corrente (I). Oltre ad essere bella e sintetica questa espressione ci dice anche una cosa fondamentale: se c’è corrente elettrica ci deve essere anche una differenza di tensione e viceversa. Ed “R”?!

mumble

R è la resistenza: ogni materiale in cui scorre corrente ha la capacità di ostacolare il passaggio delle cariche, ovvero è dotato di resistività. Più la resistenza è grande più la corrente associata ad una certa differenza di potenziale sarà piccola. A parità di corrente che si vuole ottenere, più la resistenza del circuito è grande, più la tensione fornita deve essere grande e così via… Insomma, questi tre signori sono strettamente collegati: sono indivisibili. Un componente elettronico preposto a variare la resistività del circuito è quello che viene definito resistenza. Bene, con questo direi che abbiamo fatto proprio una bella carrellata!

Avete pazienza per l’ultimissimo concetto?! Mai sentito parlare di condensatore o capacitore? E’ un dispositivo elettronico che se soggetto ad una differenza di tensione può accumulare una certa quantità di cariche elettriche che poi possono essere usate nelle maniere più disparate. Lui è davvero una superstar dell’elettronica, vedrete che lo troveremo di nuovo!

Insomma, oggi vi ho portato parecchio a spasso, non vi tedio oltre, dopo tanto lavoro ci vuole un poco di riposo. Dormite sonni tranquilli, prima del prossimo articolo tra le nuvole passerà un sacco d’acqua sotto i ponti, per cui…

Ci leggiamo la prossima puntata!


Unità di misura fondamentali:

  • la carica elettrica vale -e = -1.602 x 10^19 Coulomb (C)
  • la corrente elettrica si misura in Ampere (A). Per capire le scale, possiamo dire che noi riusciamo a percepire circa 2 mA in CC e 0.5 mA in CA correnti maggiori iniziano a fare danni.
  • a resistenza si misura in Ohm (Ω)
  • la resistività si misura in Ohm per metro (Ω x m)
  • la differenza di potenziale si misura in Volt (V)
  • la capacità di un condensatore si misura in Farad (F)

[Nota] Praticamente tutto quello che trovate qui è frutto del mio bagaglio di studio e del ripasso fatto stando in laboratorio nell’ultimo periodo. Come quasi tutti gli studenti di fisica d’Italia ho fatto le ossa su questi argomenti in interminabili giornate sul Mencuccini/Silvestrini (facilmente reperibile un po’ ovunque). Se volete approfondire con video ben fatti consiglio di nuovo Oilproject .


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