Incontro

Questo racconto è l'ultimo scritto in occasione di un corso di scrittura creativa che ho seguito qualche tempo fa. Dovevo parlare di un incontro tra due personaggi "che non si vedono da tanti anni, farli parlare cercando di far capire al lettore, attraverso il loro dialogo, che al tempo c’è stato qualche conflitto/problematica/discussione che li ha portati ad allontanarsi." Il corso era un corso online dell'agenzia letteraria Ponte di Carta . Bravissimi!

La città aveva assunto il suo volto stanco. I sampietrini antichi di dieci anni erano appena mascherati sotto una spolverata di candido silenzio. Il cielo, tra i palazzi monumentali del centro, era bianco ed inespressivo e la luce fredda di un sole nascosto non si sa bene dove rendeva l’aria pesante e opprimente. Non c’era un’anima in giro, tranne lui.

Giacca di pelle nera, corta quanto bastava per farlo morire di freddo e renderlo decisamente fuori posto. Manco le scarpe erano quelle giuste, troppo basse e troppo piatte per quelle quattro pietre scivolose, lo facevano sembrare una papera stanca. Era tutto uno sbuffare nuvole di ghiaccio.

Però aveva delle certezze, era pronto a tutto pur di tornare al calduccio quanto prima e infatti aveva un piano antistress! Teneva le mani in tasca, sul cellulare revolver, come un pistolero di un vecchio spaghetti western. In una frazione di secondo, pur di evitare qualche insensata chiacchiera di scortesia, sarebbe scattato per rispondere al più improbabile degli amici immaginari.

Ormai c’era quasi. Il negozio era a pochi passi. Si infilò defilato sotto il portico del palazzo. Controllò che non ci fosse nessuno di sospetto in giro e stese piano la mano verso la maniglia…

"Ma che ca#*o!"

La porta si aprì da dentro con un tale slancio che quasi lo fece cadere all’indietro

"S…scusi. Non volevo…" Disse una voce incerta e debolissima "Scusi un cazzo, mi ha quasi dato la porta in faccia." Tuonò mentre controllava con fare teatrale che fosse tutto ok. Alzò lo sguardo verso il suo “aggressore”: una signora con rughe da terza età, capello biondo tinto senza forma, occhiali da lettura in bilico sulla punta del naso e un cappotto con pellicciotto che dieci anni prima sicuramente era costato un patrimonio. La riconobbe subito. "E ti pareva…" Sibilò impercettibile.

"Professoré! Che fa?" Disse minaccioso "Stia attenta!" Restò interdetta. Alzò la testa, piano ovviamente, che tanto non stavano mica sulla porta. Scostò gli occhiali, che chiaramente erano inutili. Strizzò gli occhi.

"C…Chi sei?" La voce era finita prima della frase. Fece un sospiro, lungo, troppo lungo, pure per uno nato stanco. Poi cinguettò: "Mossini!"

"Professorè “Rossini”, è sempre stato “Rossini”. Con la “R” di RamaRRo" Due parole e già bolliva

"Eeeeee… Che c’hai? Perché ti agiti? Non sei cambiato…" Lenta, esasperante

"Manco lei eh… la vedo in forma!" Disse. - Vecchia ciabatta. - Pensò

"Ci si prova." Fece un’altra pausa infinita, monolitica: aveva qualche cosa da dire, forse… "La vita dà e la vita prende…"

"Che fa in giro co’ sto freddo?"

"Cercavo una cosa per casa, ho comprato tutt’altro. Tu?"

"Vorrei entr…"

"Mi è dispiaciuto per…" lo interruppe "Io sai, non…"

"Ormai."

"Beh sì, però, che fai adesso? Come va?"

"Mah… va! Mi arrangio, faccio quello che posso"

"Hai più finito?"

"No"

"Io… non volevo, ho provato a…"

"Non è vero, lo sa che non è vero" Gli cavava i pugni dalle mani, quanto lo faceva incazzare.

"Ma no… io, ho solo…"

"Lei ha solo?!" la interruppe "Lei ha solo cosa? Fatto il suo mestiere?"

"Sì."

"Sicura?"

"Beh sì. Cos’altro potevo fare? Non sapevi scrivere!" Disse trovando una sicurezza fuori personaggio.

Sentiva il sangue andargli alla testa, voleva che salisse. Poi qualche cosa attirò la sua attenzione: quelle mani, che erano sempre stati mani da nobildonna, tremavano insistentemente. Il sangue defluì verso le estremità, si sentì svuotato…

"Già, lo diceva sempre…"

"Quindi che fai?" Si rizzo sulla schiena, come fosse tornata dietro la cattedra.

"Niente"

"Niente che?"

"Niente. Scrivo, tipo"

"Come si fa a scrivere… “tipo”" Eccola, sì, era decisamente tornata "O scrivi, o non scrivi"

"Sì, beh… Scrivo su facebuc"

"Dove?!"

"Quella cosa che usano i giovani…"

"Ah, e che scrivi?"

"Insulto la gente"

"Perché?"

"Perché la gente non sa scrivere"

Calò di nuovo il silenzio. Era andata in tilt.

"E la scuola?"

"L’ho L A S C I A T A"

"Mi dispiace"

"Pure a me" Dietro di lui sbucò un ammasso di pelliccia e moomboot che cercava di farsi largo verso la porta del negozio. "Va beh, io vado, è stato un piacere. Scusi ho un po’ fretta…" In un attimo la “prof” tornò improvvisamente vecchia, si incurvò e si richiuse in un pensiero pesante. Mentre la porta gli si richiudeva dietro, sentì biascicare "Buona giornata Fossini"

"Rossini!" Borbottò tra sé e sé "Mannaggia a te vecchia ciabatta!" ma non poté fare a meno di scoppiare a ridere di gusto.


Foto profilo
Marco Rosciani

Il fisico, l'originale. Insegnante (ci provo), studente (sempre); distratto e al 100% decaffeinato.


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